Il mio venerdi pomeriggio ozioso tra fatture da registrare, emozioni da dipanare e un po’ di voglia di piangere

Alle sedici e quindici di questo uggioso venerdi pomeriggio sono presa all’improvviso da una spessa coltre di malinconia, e mi metto a vagare a caso nel web per cercare di distrarmi, e non pensare.

Per non pensare a mio padre, che dopo avermi vista piangere per settimane, ha pensato di consolarmi – più che altro, alleggerirsi la coscienza – telefonando alla proprietaria della casa perduta, e facendo una controofferta. Avrei dovuto sentirmi consolata? Io mi sono sentita doppiamente offesa, sembrava quasi che dalle labbra gli pendesse l’affermazione che non ero stata capace a gestire l’affare, e che lui sarebbe stato l’unico a poter rimediare.

Fatto cio’, dopo che ovviamente si è visto rifiutare l’offerta giunta oltre i tempi limite, si è dilungato nello spiegare che, lui, aveva cercato di non intromettersi nella gestione della compravendita per rispetto nei confronti del genero (e adesso, quel rispetto, dov’è?), che era sempre stato disponibile a dare una mano, ove possibile… L’ho guardato in tralice, e ho atteso di avere una buona occasione per controbattere.

Dato che però è sempre mio padre, e io sempre sua figlia, l’altra sera mi ha liquidata con una pacca sulla spalla, dicendo che mi avrebbe aiutata, anche economicamente, se necessario, e io ingenua ho pensato “stavolta gli è spiaciuto, si è reso conto che è andata così anche per causa sua”. Non gli avrei chiesto denaro, solo consigli.

Anche ora, che l’ho accompagnato in macchina di fronte al noccioleto dove mi hanno proposto di edificare, cercavo un parere, un minimo di condivisione, senza sperar troppo in una totale approvazione. Non volevo, non voglio un partner in affari. Papà, hai detto che mi saresti stato accanto, ma perchè tutto quello che ti chiedo non è mai degno di considerazione? Ovviamente l’affare è pessimo, il prezzo esoso, la zona umida, lontana, troppo in pendenza.

Lo stesso giorno, si presenta in ufficio un mio cugino con un estratto catastale in mano. Viene da suo zio, mio padre, e gli domanda consiglio per un affare che gli hanno proposto. Lui si prodiga, si fa in quattro, telefona in giro, e io lì accanto vorrei picchiarlo. Quando si mettono a parlare di cifre, lui si propone addirittura come socio in affari in caso non avesse la forza economica per sostenere l’investimento. Non so se mi viene più da piangere o da picchiare. Alla fine sbotto, e gli tiro fuori tutto – mio cugino sbigottito.

E così, oggi mi sento un po’ svuotata. Non so cosa fare, cosa pensare. Mi sento da sola a dover prendere decisioni, senza averne le capacità – anche se penso spesso che, se avessi veramente fatto di testa mia, a quest’ora avrei un compromesso firmato e una casa pronta per le prossime ferie. Invece, sto qui con un padre opprimente e un marito indifferente, a continuare a chiedermi perchè mi sento malinconica. Sono le sedici e quarantacinque, e forse era meglio se vagavo per il web, o se mi mettevo a chattare come qualche secolo fa.

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3 commenti su “Il mio venerdi pomeriggio ozioso tra fatture da registrare, emozioni da dipanare e un po’ di voglia di piangere

  1. Sì, lo so che non mi dovrei permettere. Però ci sono delle volte in cui certe parole di certi e-amici ti balzano dallo schermo dritto dentro alla pancia e allora non puoi fare a meno di dire qualcosa. E la dici. Magari scusandoti timidamente per l’eventuale inopportunità.
    Ecco. ‘senza averne le capacità’. E perchè mai non dovresti averne le capacità?

    un saluto, affettuoso.
    Prish

  2. Sai che forse.. non hai tutti i torti? Forse non è questione di capacità, ma di coraggio… mi mancano le palle per prendere decisioni radicali, ho paura che mi pentirei e non potrei più tornare indietro.. Nell’ultimo anno mi sono ritrovata spesso di fronte a dei bivi e mi sono scoperta timorosa, in fin dei conti… “chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa cio’ che lascia ma non ciò che trova”.. e spesso ho deciso che era meglio non essere temerari.. Dal punto di vista lavortivo, ho scelto di piegare la testa invece di andarmene sbattendo una porta soprattutto perchè ho pensato ai miei due figli. Ora però… non so… forse proprio per loro dovrei trovare un po’ di temerarietà e di orgoglio….
    Grazie per la domanda, che mi ha proposto un nuovo ma incoraggiante punto di vista. (Perchè scusarsi di averla fatta?)

  3. mi fa piacere! le scuse sono solo una specie di modo di chiedere ‘permesso’ quando mi accomodo nel tuo salotto per il te 🙂

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