Un altro equinozio d’autunno

Dieci anni, con lo scarto di qualche settimana, se non è primo giorno d’autunno poco ci manca… e mi ero scordata. Mi ero dimenticata, eppure….

…. Eppure, di nuovo oggi ho i capelli corti, e come allora ne sono insoddisfatta, ma ci sono ricascata, permettendo al parrucchiere di infierire troppo. E ricordo le parole di Barbara che diceva “per portare bene il capello corto bisogna truccarsi”, ma io non ho mai imparato: dieci anni, e sembra ancora che io non ami il mio corpo, che lo trascuri, nel desiderio di apparire trasparente nonostante la mia impacciata ingombranza.

Dieci anni fa io e Barbara camminavamo sulla ghiaia di fronte all’affresco della fontana “fredda”, e oggi? Percorro lo stesso vialetto, per le stesse occasioni mondane legate a qualche traguardo di carriera di persone che mi ruotano intorno ma non mi amano come vorrei, e sembra che il tempo non sia passato, nonostante le rughe ben nascoste dietro la montatura degli occhiali.

…. Eppure, qualcosa è cambiato, da allora.

Ricordo: c’era una busta bianca, dentro un cestino da frutta, posta in vista sul tavolo. L’amministratore di condominio trasmetteva ad Alberto V. i suoi conteggi. Per me è sempre rimasto B., fossilizzato in qualche angolo sconosciuto del corpo, o della mente, ormai mi confondo, cristallizzato in una sola faccia immutevole, quella dura della recita spietata, le sopracciglia increspate da un ruolo che era un gioco e ho sempre preso troppo sul serio, persino nella rielaborazione mentale.

… Eppure rideva, parlava di cose futili, si scaldava nel descrivere viaggi, e proprio incastonato dentro tre libri di viaggi lo scopro oggi per caso, lui nella foto sorride, apparentemente felice nel suo eteronimo che si fa beffe di un’infanzia disastrata, di una madre oppressiva e di tanti, troppi problemi con il corpo e con il cibo. Tutto superato, o forse inventato, non mi sarà mai dato di sapere, perchè lui per me non è mai stato Alberto V. che paga le spese di condominio, mai stato il viaggiatore solitario, lo scrittore che sorride nelle presentazioni in libreria.

Dieci anni e io sono ancora fossilizzata come allora, ancora con i capelli corti, il cervello arrugginito incapace di cogliere appieno ciò che gli altri sono,  ancora con i miei inutili contorcimenti intorno alle parole che non so più scrivere, che guardo giacere alla rinfusa incapaci di ingioiellarsi in giusta sequenza come perle sul filo d’acciaio. Sono ancora qui, a  grattare il muro in rete, per vedere se da qualche parte si scrosta il residuo di qualche vecchio presuntuoso racconto perso in un hard disk o in una chiavetta usb andati a fuoco. (Ma lui, che mi incoraggiò a scrivere, perchè non mi disse mai d’esser scrittore?)

Dieci anni. Eppure sono ancora ferma qui. Ed è di nuovo autunno.

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Un commento su “Un altro equinozio d’autunno

  1. Succede anche a me: torno indietro di cinque, o dieci anni (chissà perché sempre cifre tonde, mai sette anni e due mesi, per dire) e ho la sensazione che nella mia vita nulla sia cambiato – neppure io. Mi convinco però che non è così. Si cambia, si cambia ogni giorno: sono le esperienza che facciamo – da cui magari apprendiamo pure qualcosa, e non è poco – a cambiarci, lentamente, progressivamente. Siamo noi a non averne la percezione, a non esserne consapevoli, perché le nostre pulsioni sono conservatrici. Muta invece anche il nostro punto di vista, seppure in maniera impercettibile, neppure il nostro sguardo rimane identico a se stesso. Anche le stagioni: apparentemente così uguali nel loro avvicendarsi, eppure così diverse ogni volta…

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