Quello che le donne non dicono (più)

Il guaio di noi donne "nate dopo il femminismo" è che ci siam trovate tutto già bell’e pronto, senza necessità di lottare e faticare. Siamo nate adagiate in un benessere di cui non ci rendiamo nemmeno perfettamente conto, e questo fatto è raccapricciante. Siamo cresciute con la consapevolezza che il nostro compagno di banco maschio, alle elementari, valeva quanto noi. Abbiamo dato per scontato che avremmo avuto l’accesso a (quasi) tutti i lavori che può fare un uomo. Abbiamo portato a casa stipendi a volte maggiori dei nostri compagni. Abbiamo rivendicato il diritto alla carriera tanto quanto il maschio, in cambio a "lui" abbiamo appioppato biberon e permessi per l’allattamento.

E ora?

Ora, ci sembra tutto troppo facile, e sentiamo (sentiamo?) la necessità di ridiscutere il diritto all’aborto. Campeggiano discorsoni profferiti da pseudointellettuali come Giuliano Ferrara, che nell’alba delle televisioni private si improvvisava professore di sessuologia dedito all’elogio della sculacciata, mentre oggi si fregia unicamente di aver amicizie tonacate. Mi ricorda il vecchio corso prematrimoniale in parrocchia: appena reintrava in aula il parroco, il ginecologo cambiava argomento, e si dedicava agli amici Ogino e Knaus. 

Non che svelare l’arcano sulla fertilità della donna sia un male, però c’è una certa differenza tra il credere che tutti i giorni siano buoni per fecondare e il pianificare un controllo delle nascite affidandosi a temperatura basale e a densità del muco cervicale. Di mezzo, c’è una certa conoscenza della propria fisiologia e di quella del partner. C’è il diritto a vivere la sessualità serenamente e non colpevolmente. C’è il dovere di parlare di sesso con i propri figli per evitare proprio che accadano disastri per cui occorrono rimedi drastici. C’è diritto alla libertà di scelta di curarsi, di partorire o di abortire dove e come si desidera, senza l’ombra incombente di una suora in ogni corsia pronta a ricordare "con dolore partorirai", o di un medico che si professa obiettore in pubblico, e poi si smaschera compiacente in privato. Vogliamo consultori che non espongano soltanto manifesti cattolici per il diritto alla vita, per far sentire dannate coloro che cercano informazione o conforto.

Infine, nonostante tutto, vorremmo spot pubblicitari che non si limitino a ritrarre quadretti familiari con figlioli intelligenti e figliole belle-da-maritare, perchè quei tempi sono tramontati da molto, e non vogliamo che ritornino più.

Per un ripasso, consiglio Simone De Beauvoir. 

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Un commento su “Quello che le donne non dicono (più)

  1. anonimo il said:

    Se voi donne capireste il potere che portate dentro, tutti quegli uomini che passano il loro tempo scrivendo di aborto e maternità, tacerebbero.

    Un saluto Rosario

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