Verità, ancora

La verità è, ad esempio, che non ho mica dato tutti quei consigli.

Mi son sentita presa in mezzo: è vero che lei mi ha sbandierato anni di conoscenza per giustificare lo spiattellamento di questa improvvisa intimità, in realtà in passato ci siamo sempre limitate a un civile rapporto fatto di chiacchiere, gentilezze, inviti a cena ricambiati e opinioni sui figli, l’asilo o il rapporto con i suoceri.

Io mi son sempre guardata bene dal confidarmi con lei. A dire il vero, ultimamente evito di confidarmi completamente anche con le mie amiche sincere, perchè mi rendo conto da sola dell’idiozia e della lievità di certe mie malinconie, che vedo di farmi passare da sola. Mi limito ad ascoltare, a dire ciò che penso anche se qualche volta non è ciò che vorrebbero sentirsi dire – cos’altro dovrebbe fare un’amica? Compiacere a tutti i costi? Dar ragione per partito preso, perchè una è amica-punto-e-basta?

Ciò che mi urta è che con la "conoscente" mi sono comportata esattamente come si sarebbe comportata confgun’amica vera, e non ho consigliato, come avevo scritto,  di partire e munirsi di una scusa telefonica per fuggire in caso di incontro spiacevole. No: ho detto esattamente ciò che qualche anno fa mi sono sentita dire da chi mi voleva bene e non ho avuto testa di comprendere. Ho chiesto se valeva la pena di completarsi altrove, se non sarebbe stata troppo alta la posta in gioco, per un attimo di felicità egoista. 

Ieri, un altro spiattellamento confidenziale non richiesto. Mi ha anche guardata negli occhi, e mi ha chiesto se, per caso, io avevo vissuto un’esperienza analoga, visto che sembravo parlar con cognizione di causa. Mi ha messo la mano sul braccio, e io ho guardato quella mano dissimulando il fastidio. Ho capito che probabilmente aveva scelto me perchè sapeva che avrei provato empatia. Mi sono odiata, perchè non volevo riconoscere una me passata e sbagliata in quella faccia e quel comportamento che mi urtava. Infine, ho anche mentito.

La verità è che ho mentito. Il confine tra vero e falso, adesso, se lo scopra da sola.

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Un commento su “Verità, ancora

  1. Ah, giustissimo.

    Detesto quando qualcuno mi guarda negli occhi e dice “anche tu, vero?”, riferendosi a qualcosa che ha fatto e (adesso) reputa vergognoso. Alla ricerca di quella complicità che dimezza il (presunto) peccato, fa sentire per metà innocenti. “Anche tu, vero?”, e poi quel sorrisino d’intesa. Anche io cosa? E se non fossi eroso da alcun senso di colpa, non sentissi alcun rimorso? E se anche provassi vergogna, dovrei condividerla per forza con qualcuno?

    Buon fine settimana, ciao.

    Pim

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