La pioggia non spegne il desiderio

– Tu ricordi i Jardins du Luxembourg? Tutte quelle casette così linde, così perfette, la ghiaia fragrante sotto i piedi, cespugli e alberi ordinati sotto il sole di agosto, avevamo 18 anni, era la nostra prima vacanza insieme, Parigi.

– Che ne sapevamo, allora.977018

– Già. Ora, leggi.

– Sembra Ultimo tango a Parigi.

– No, continua.

– Sembra la nostra storia, almeno fino al "basta".

– Continua.

– ….

 

"Lei guardava il soffitto bianco, il soffitto alto con il lampadario in finto cristallo, chissà se le stanze lì’ erano tutte uguali, identiche, stessi soffitti stesse dimensioni stessi letti stessi Napoleone, chissà se vivevano tutti allo stesso modo gli uni sopra gli altri, con corpi diversi, risate e lacrime diverse, ma con le stesse giovinezze ammaccate, coppie effimere equivoci sottomissione, genitori dimenticati bambini maltrattati, e la pioggia contro i vetri."

In Place Saint Sulpice c’è un albergo, e in quest’albergo, dentro una camera anonima con un lampadario in finto cristallo e le nappe alle tende si rinchiudono un grande uomo un po’ claudicante ed un’esile e fragile donna. Si sono incontrati ai Jardins du Luxembourg, dopo cinque anni di silenzi, di feste alle quali si sono soltanto intravisti, poi i due, sconosciuti uno all’altra per volontà, per un pomeriggio si prendono, lasciando dietro la porta il dolore e la stanchezza dei loro cinquant’anni, dimenticando l’odio, l’anoressia, scordando i difetti di un corpo che loro appartiene e che non riconoscono.

Un pomeriggio d’amore banale, imperfetto, di quelli lenti, da orgasmo asincrono, da pazienza ed attesa, voglia di ricominciare. Un sesso che scaturisce dall’urgenza di dimostrarne ancora la capacità, la fierezza, un sesso che vuole soltanto compiersi e poi lasciarsi dimenticare oltre la porta della stanza.

Il tentativo di dimenticare il mondo non riesce, perché siamo sempre la somma di ciò che ci è accaduto in passato, e così i fantasmi di un matrimonio fallito ritornano, con essi l’impossibilità di chiudere gli occhi senza rivedere gli errori, il dolore.

 

"Non importa se l’uomo sulla croce il profeta folle il mendicante ribelle ha urlato crocifisso ha urlato l’assenza d’amore del popolo di suo padre Non importa che le parole dei profeti le promesse degli sposi e quelle fatte ai bambini vengano dimenticate Non importa se soffri capita a tutti"

Come lentamente nel sesso il corpo si apre, anche l’esteriorizzazione del dolore prende una forma, ed è quella del fiume, dove tracimano le parole dopo la rottura di una diga, senza punti, senza virgole, senza pause. Dopo la gratificazione dell’essere solo corpi da prendere ricomincia a scorrere il ricordo ripulito dall’odio, la rabbia dell’imperfetto prende posto e con lo sfogo finalmente si estingue.

Quando l’uomo inizia a parlare, ed apre le braccia per accogliere, con il placarsi della passione comincia il tempo dell’oblio, e l’inizio della consolazione.

Per tutto, c’è un momento per il perdono.

Véronique Olmi, La pioggia non spegne il desiderio, Einaudi

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2 commenti su “La pioggia non spegne il desiderio

  1. Bellisimo brano. Il dolore trova davvero un po’ di pace quando si riesce a verbalizzarlo, a dargli forma, alrimenti viaggia dentro di te come un fantsma che non si lascia afferrare. E l’amore lo accogli e lo consola. Ciao Giulia

  2. “Non voglio sapere niente di te. Non voglio sapere dove abiti, con chi abiti o da dove vieni. Siamo intesi?”.

    “Mi fa paura”.

    “Noi c’incontriamo senza sapere niente di quello che siamo fuori di qui. D’accordo?”.

    “Perché?”.

    “Perché non abbiamo bisogno di nome qui dentro. E dimentichiamo tutto ciò che sappiamo, capisci? Cose, persone, gli altri, tutto ciò che siamo stati, gli amici, la casa. Dobbiamo dimenticare ogni cosa…”.

    (Da “Ultimo tango a Parigi”.)

    (… Per associazione di idee.)

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