Quella che si ostina con i sequel

9 settimane e 1/2 – La conclusione

Ad un’asta a Parigi si vendono i quadri della collezione personale di Elizabeth, la gallerista protagonista di 9 settimane e 1/2.

John, che da allora ne aveva perso le tracce e cerca di rivivere quella passione scimmiottando giochi sul filo del rasoio con squillo d’alto bordo, parte per la capitale europea alla sua ricerca.

Mickey Rourke è sfigurato dalla plastica facciale, non resta nulla del suo originario sguardo sornione, ed anche il personaggio è ormai un (fascinoso nel suo dolore) uomo distrutto dagli errori commessi.

Elizabeth Invece non è invecchiata: Kim Basinger ha avuto il buon gusto di rifiutare il sequel, per cui il suo personaggio è già da tempo stato trovato cadavere in un vicolo per overdose, dopo aver cercato per tutta al vita di superare il periodo trascorso con John (terminato il quale, recitava il romanzo niente male, "era tutto tiepido").

Appare all’asta Lea, sorella di Elizabeth, una bella e vuota stilista di moda che all’inizio sembra semplicemente incazzata per come John ha segnato per sempre la vita della sorella. ("Non si vende ciò che più si ama, alludendo ai quadri della collezione ma anche al finale della storia tra i due).

E’ lei ad aver attirato John a Parigi inviandogli anonimamente il catalogo delle opere messe all’asta. Fa la misteriosa, cercando di attirare l’uomo a sé senza informarlo della morte di Elizabeth.

Cerca di indurlo a ripetere ciò che ha letto di John nel diario, individuandolo come persona che "vuole sempre di più" e, infatti, da lui desidera "essere portata oltre".

A differenza dell’uomo, che ha vissuto oltre il confine e ha compreso dai suoi errori, lei vorrebbe varcarlo unicamente per piacere, o per il contorto desiderio di emulare la sorella. Gli ripete le stesse frasi, la famosissima "torna indietro, conterò fino a 50 e tu tornerai indietro. 1… 2… 3…". E poi "adesso facciamo un giochino, perchè vedi, io ho un problema: non riesco ad eccitarmi, se tu ora non ti metti carponi, con le mani e le ginoccha a terra".

Lui continua a ribadire, forte, o forse indebolito per sempre, dalle esperienze passate, che chi gioca con il fuoco finisce per scottarsi, ma non c’è tentazione nel suo sguardo, soltanto un grande rimpianto per non essere stato in grado di fermarsi prima di compiere l’irreparabile.

Per interminabili sequenze di sfilate, noiose passeggiate nei bassifondi, festini e orge che male scimmiottano Kubrik, i due si corteggiano e tentano di imbastire una relazione sterile, finchè lui non decide di darle esattamente ciò che desidera (scena interessante, quest’ultima), e poi di andarsene: "credevo tenessi a me", "è per questo che me ne vado".

Emblematica è l’apparizione di un cavallo legato a una carrozza, a inizio film: la bestia stramazza a terra e viene finita con un’iniezione. Non ho capito se fosse più espressivo il muso di Rourke che osserva dietro il vetro, o quello dell’equino giù in strada, però è inquietante il fatto che in ogni scena di sesso (poche e vuote, in ogni caso molto patinate, nonostante gli anni ottanta siano solo un lontano ricordo) si oda l’eco di un nitrito.

Probabilmente ci sarebbe stato bene un finale tragico, con morte del tormentato umano.

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5 commenti su “Quella che si ostina con i sequel

  1. Non l’ho visto, evito come la peste sequel e remake. D’altra parte, del primo avevo sopportato solo le forme della Basinger – che in questo, come hai ricordato, non c’è.

    Verso la fine degli ’80 uscì “Orchidea selvaggia”, con Rourke e Carré Otis. Stesso filone, pornosoft salottiero, ma un po’ più osè (perlomeno l’ultima sequenza).

  2. 9 & 1/2 mi piacque non tanto per le scene, molto eleganti, patinate e glamour in pieno stile anni ’80, quanto per il messaggio sul tipo di relazione che imbastivano i personaggi: una storia votata da principio a finire, perchè sotto certi aspetti o ti fermi o ti distruggi. Il libro, era ancora migliore del film. Introvabile. Ne parlerò ancora, nella sua sede più appropriata.

  3. Mah, i sequel sono quasi sempre inferiori all’originale e a volte francamente ridicoli. Questo non mi sembra fare eccezione.

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