September more

01Immagino di tirar fuori i 50 centesimi dal portafoglio per prendere il carrello, e poi varcare l’ingresso del supermercato, dove mi attende in agguato, subito dietro le porte scorrevoli, il getto dell’aria condizionata.

Perdo concentrazione e così mi trovo costretta a ricostruire mentalmente il primo scaffale, quello della frutta e verdura in offerta, e poi via via, in un ordine prestabilito da chissà quali studi di marketing e merceologia, frutta, ortaggi verdi, legumi.

Mi impegno nel non dimenticare, subito a sinistra, il banco dei salumi, e a sinistra ancora, i cesti per il pane, però la stanchezza mi coglie, il pensiero volontario mi abbandona, le membra diventano molli e i sogni iniziano a percorrere le loro strane strade, indifferenti al mio buffo sotterfugio per evitarli.

A. mi trova lì, appoggiata al carrello che diventa un trolley, agitata e balbettante come in realtà non mi è più capitato di essere, ma lui così mi ricorda e mi vedrà per sempre-sempre che si ricordi, non ho scampo, sembro la casalinga sfortunata che non riesce a comprare due etti di prosciutto crudo.

Non ci penso spesso, quasi mai. Sono passati tanti anni e mi convinco sempre di aver metabolizzato ove non rimosso, come capita quando la mamma racconta, a pranzo in campagna a casa di zia Marisa, gli aneddoti dei miei esperimenti culinari di bambina, e ricorda la nostra vecchia cucina in formica bianca della nostra vecchia casa in centro, tutta annerita da una pentola dimenticata sul fuoco. Non ricordo più quell’episodio e vorrei non ricordarmene più anche altri, ma questi invece mi piombano indesiderati nelle notti ferragostane.

Proprio ad agosto, poi: cosa c’entrano le ferie, quelle tre settimane all’anno tanto attese con buon auspicio di lunghi sonni privi di sveglia mattutina? Perchè non settembre, che perlomeno seguirebbe un logico filo del ricordo? Non so cimentarmi in alcuna predizione numerologica, il compleanno del mostro, il numero della bestia, la congiunzione astrale? Una cosa, so.

Quando il clima afoso bruscamente cede il passo al primo temporale settembrino, e il termometro si incaglia più in basso, di colpo i sogni ribelli mi abbandonano, la valigia che comunque non avevo ritorna ad essere un carrello, e l’aeroporto ridiventa supermercato, mi resta l’eco di una Cenerentola abbarbicata su un coccio di zucca, il sonno notturno torna tranquillo e la quotidianità stantia ricomincia ad avvolgere tutto intorno.

Come l’odore vecchio e immoto delle trapunte damascate, delle foto in bianco e nero in corridoio e dei quadri a mezzo punto di una casa per vacanze in Alta Langa, immobili fino alla prossima estate, alla prossima vacanza sospesa nel tempo e sepolta nei ricordi, negata all’ovvio con due chili di pesche e un cespo di lattuga.

Precedente The last Successivo L'ora delle crepes

3 commenti su “September more

I commenti sono chiusi.