Diversamente felice?

Zia Marisa telefona da Bossolasco preoccupata per il cadere dei primi fiocchi, io da massaia sempre più somigliante a mia madre sto stilando la lista della spesa per la cena di sabato, una volta la cena del sabato era con amici, conviviali raclette e bourguignonne, ora aspetto gli zii ottuagenari, e per telefono li rassicuro dicendo che potrebbero venire da me con lo slittino, poi al massimo accamparsi per la notte.

Ieri Renato ha detto “ora vado a casa, ad accendere il caminetto”, e a me è venuto da piangere, ripensando alla casa di Orietta con il camino in taverna, e quello spazio grande per il mio tavolo da 2 metri e 20 che non andrà mai a collocarsi lì, dove ci sarebbe stato perfetto con il divano testa di moro nell’angolo e il cucinino dove ora tengono la macchina da cucire – si sarebbe potuto abbassare il muro divisorio e trasformarlo in un muretto lasciando l’angolo cottura in vista. Poi mi torna in mente l’agente immobiliare che mi ha proposto un terreno, una bionda secca e stitica, con le Hogan il trench i capelli raccolti, ah, si, adesso  è castana, ma a me è tornata in mente in sogno, quindi lì era ancora bionda, il suo cipiglio somigliava quello di Annette Bening in American Beauty, mi pareva quasi di leggerle il labiale “I will sell this house today – I will sell this house today”, ma io voglio la casetta rosa con le tapparelle verdi il glicine nel vialetto il camino nella tavernetta i muri color mattone, era la prospettiva del mio sogno, o no?

Mi muovo in macchina, accompagno mia mamma in ospedale per il ciclo di punture, ho promesso che mi sarei occupata di lei, non voglio che faccia da sola nemmeno una piccola cazzata, a lei non pensa mai nessuno, mentre lei si occupa sempre di tutto e di tutti, primo fra tutti mio padre che la chiama la mia badante, non è giusto mi dico, allora partiamo e viaggiamo, e ci godiamo il tempo insieme, almeno fino a ieri era tutto un’esplosione di gialli, rossi e arancioni, da oggi piove e tutte le foglie stramazzano al suolo invece di svolazzare poeticamente. No, questo non l’ho sognato, e non l’ho nemmeno visto in rete. E’ la prospettiva dal parabrezza del mio vecchio catorcio.

Ho anche visto il cartello della metro, ma non ricordo dove, non sono stata a Torino recentemente, sarà in rete, e ho visto il cartello del nuovo concessionario VW, quello forse era ai bordi di una rotonda, il maggiolino mi sorrideva e io pensavo a Silvia chiedendomi se ancora avrà un lavoro, o no.

Ho visto un vestito, strizzato in vita, con la gonna larga e svolazzante, e scarpe con il tacco alto, una gamba alzata stile pin up, o forse stile lady appena uscita da un film in cui Nicole Kidman recita la mogliettina perfetta, questo abito e la sua indossatrice sorridono nella foto, e lei dice “si vede che sono diversamente felice?” mh…. non l’ho visto in rete, il vestito. Non l’ho sognata, e non era un film: era mia cognata, alla festa dei 50 anni di attività di mio padre – perchè non ho avuto la prontezza di un va’ diversamente affanculo, stavo dormendo? sognavo?

Sognavo che la felicità sarebbe stata ancora possibile, e così è stato, l’anno scorso in spiaggia ed era novembre e piangevo perchè avevo il sole negli occhi, o forse perchè ero felice e volevo trattenere tutto quel sentirsi così bene, la mia bambina in braccio, il mio ragazzo a tirar pietre in acqua e contare i rimbalzi facendo a gara con suo padre, una cosa così nuova, io volevo immagazzinar tutto e farne scorta, per averne sempre nei giorni di novembre di tutti gli altri anni.

Poi ho sentito mio padre chiamare mio marito “quello là”, e rifiutare di firmare il biglietto di auguri per il suo compleanno, e mi ricordo, non l’ho sognato anche se non c’era nessuno ad ascoltare: io ricordo che disse “non sono d’accordo che vi separate” e subito dopo “se proprio dovete, il bambino rimane con noi”, sono passati dieci anni e ancora non riesce – non dico a provarlo, ma almeno a mostrarlo – un po’ di affetto. E voleva mio figlio. Lui che non l’ha mai accudito un secondo, e che pure con mia figlia è capace solo a tirar fuori soldi, e la chiama “la bimba” come se fosse incazzato del fatto che non l’ho chiamata come sua madre, e poi entra a sorpresa in casa mia per vedere come sta, la mattina prima che io arrivi in ufficio, ma io lo so, certissimamente, questo non me lo sogno, e non è la mia immaginazione, lui non passa per vedere sua nipote, che tutte le sante mattine a quell’ora dorme, finchè non sente il campanello e si sveglia di soprassalto, lui passa per vedere come mai a quell’ora non sono ancora al lavoro.

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2 commenti su “Diversamente felice?

  1. Beh, anche mia suocera mi chiama “quello là”; per tutta risposta io la definisco “la vecchia” piegando il labbro inferiore all’ingiù come chi ha assaggiato un patè di lombrichi vivi.

    Ma lasciamo stare.

    Essere diversamente felici… c’è un senso di pudica dignità in questa denominazione, e il brano la arricchisce di contenuti intensi, tutti in punta di penna. Penso che reagire all’insoddisfazione in modo creativo, farla diventare spunto poetico, sia un buon segno di vitalità.

  2. ….sai che ti dico? a volte sarebbe più liberatorio partire sbattendo forte forte una porta per sempre…. magari andarsene a gestire una masseria in puglia, o emigrare in australia per aprire un ristorante.. però grazie per aver definito “creativo” anche il mio sfogo di penna….
    Buona giornata e buona settimana,

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