Flashback ombelicale (ripescaggio da vecchio blog)

Dicono che il tempo aggiusta le cose, in realtà è come un fotografo che cambia il fondale, che sposta la prospettiva. Anche noi ci sforziamo di mutare , ma la verità resta sempre quella, nonostante gli aggiustamenti di sale in zucca. I tratti somatici di un desiderio appaiono strani, come le somiglianze tra familiari: te ne accorgi solo da fuori. Con lo svantaggio che le parentele non si distruggono per poterle osservare con distacco.

All’improvviso di te trapela un segnale, tutto si rimescola, basta un soffio, un sussurro, un urlo.

Una manciata scarsa di secondi, e non freni più nulla, dentro.

Intorno, sguardi misti tra l’allarmato e l’imbarazzato. Una corsa a sfoderare la migliore indifferenza.

E tu ti domini, si vede chiaramente.

Il fuoco però trapela, nei gesti nervosi delle mani, nello scatto della testa, nei lampi degli occhi.

Ti mordi il labbro interiore cercando di trattenere le male parole. Quando ti escono, poi ti scusi.

Perchè non si fa, non puoi tradire tanta cultura e tanta educazione lasciando a piede sciolto  un istinto che ti sta stretto. Lo liberi in altri modi, ma poi ti fermi. Ti ascolti.

Urli in silenzio perché nessuna, là fuori, sa comprendere il fuoco che hai dentro.

Urli.

E poi mordi il freno.

Ti ho visto. Ti immagino. Un gioco al massacro, cercato, voluto, sviscerato in ogni sua irrazionalità.

Tutto un universo rinchiuso in una sola piccola reazione incontrollata. Due parole.

E poi, il vuoto.

Un urlo sull’abisso.

Fino a riprendere, piano piano, la strada sicura, la tiepida quotidianità stereotipata. I desideri uniformati.  Da parte mia, arrivare a credere di non aver mai sentito gridare. (Forse non ho realmente udito nulla. Mi invento l’empatia viscerale di una reazione sbagliata. Sbagliata per tutti, ma non per me e per te.)

Mi crogiolo in una cattiveria ricevuta. Mi figuro un’ intenzionalità che forse non è mai esistita.

Che non esisterà mai.

Ma.

Ho riscoperto il mio bisogno.

Di cattiveria.

E’ come una scossa elettrica che percepiscono soltanto certi corpi.

E’ come un sentimento di cui vergognarsi.

Tutto questo, all’improvviso, mi manca.

"Chi l’ha detto che sei solo quello che vuoi?"

06.10.2006

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